" Leone e il diavolo " Avventure nel dodicesimo secolo.
VI Capitolo - La tempesta - brano -
In un pomeriggio di afa quasi insopportabile si erano visti nella foschìa, verso la linea dell'orizzonte occidentale, numerosi lampi, ma così lontani che i tuoni si sentivano come un borbottio soffuso e ininterrotto. " Gran tempesta in arrivo! ", dissero i marinai, e molti si fecero il segno della croce, mormorando qualche preghiera. Ma la caligine ci aveva in parte ingannato: non avevamo potuto renderci ben conto di ciò che realmente stava arrivando. In brevissimo tempo un fronte di nubi nere come la pece, avanzando a velocità sorprendente, quasi un galoppo sfrenato, coperse il sole d'un lugubre manto. Si fece quasi buio, una fitta penombra illuminata a tratti dal crepitare di fulmini ramificati, e squassata da tuoni che pareva dovessero aprire voragini nel cielo. Un vento freddo e furioso, che s'era messo a ululare selvaggiamente tra alberi e sartie, aveva trasformato il mare, già sinistramente cupo, in una distesa di bianche creste terrificanti le cui sommità, strappate e polverizzate, rendevano l'aria densa di schiuma.

VIII Capitolo - Il duello - brano -
Mi trovai di fronte un uomo d'aspetto taurino, completamente rasato e a petto nudo, ferocemente deciso a scannarmi. Era il più forte e il più arrogante. Avevo però già capito che i pirati di quella nave, come quelli di quasi ogni altra probabilmente, erano coraggiosi e a volte fortissimi, ma con scarsa preparazione tecnica ed ancor più scarso cervello; sopraffacevano gli avversari, quando potevano, con l'impeto e il furore. Eravamo ambedue armati con spada nella destra e pugnale nella sinistra; ma egli, dopo qualche istante di esitazione, aveva messo il suo nella cintura impugnando con due mani la pesante scimitarra. Io avevo scelto un pugnale robusto e una normale spada dritta a due tagli, con la scanalatura centrale che la rendeva più leggera. La ciurma eccitata si era ritirata verso prua e verso poppa, lasciandoci l'ampio spazio, per fortuna pieno d'ostacoli, tra un bordo e l'altro della nave, nella parte centrale; qualcuno s'era persino arrampicato sulle traversine delle sartie. Io ero freddo, controllato, quasi indifferente: il lungo esercizio mirato e guidato mi stava aiutando. Guardavo il mio avversario che sbuffava e ridacchiava eccitatissimo, come drogato. Cominciò subito a menar fendenti trasversali, da destra e da sinistra. Mi parve di capire chiaramente ciò che avrebbe voluto: se io avessi cercato di parare uno di quei colpi la mia spada si sarebbe frantumata e sarei stato in suo potere. Ma io sapevo bene cosa fare in casi come questo. Cominciai a sottrarmi ai suoi colpi balzando all'ultimo istante all'indietro o lateralmente; alberi, banchi e casseri servirono egregiamente al mio gioco. Egli perse presto anche quel po' di autocontrollo che aveva avuto, e divenne furioso. Ogni tanto, nei brevi momenti di tregua, quando cercava di pigliar fiato, lo attaccavo con qualche affondo, e similmente lo tenevo a bada se cercava di costringermi con la schiena alla murata. Come vidi che aveva perso la lucidità e che dubbio e paura avevano cominciato a trasparire nel suo comportamento e nell'espressione, allora, in un prezioso momento quando, dopo aver menato un gran colpo, stava rimettendosi nella posizione di attacco, alzai rapido la mano destra sopra la spalla e scagliai la mia spada con forza, come fosse un giavellotto, premendo sulla guardia finchè il mio braccio fu completamente disteso. Vide il colpo, ma non ebbe sufficiente agilità per scansarlo. La spada gli si immerse nel ventre, un po' a destra dell'ombelico. Era una ferita mortale, ma la morte non sarebbe stata immediata. Rimase alcuni istanti a bocca spalancata, come incantato: era più grande per il momento la sorpresa che il dolore. Il capitano, in un silenzio teso, mi fece cenno di finirlo: non c'era in verità altro da fare! Allora, ripresami la spada, visto che cominciava ad inclinare la testa sul petto con una smorfia di dolore, spostatomi lateralmente, mi sforzai di staccargliela con un solo fendente verticale. Sentìi le ossa del collo frantumarsi. Crollò a terra stecchito, il capo con un lembo di pelle attaccato al busto e un fiotto di sangue caldo che si riversava sul ponte.

XII Capitolo - Paola - brano -
La vidi e ne fui preso, tanto che desideravo solo tornare all'albergo per vederla ancora. Non mostrava più di venticinque anni, con un corpo che s'intuiva snello senza esser fragile, i capelli lunghi biondo ramati e gli occhi di una bellezza mai vista - azzurri con qualche riflesso verde, grandi ed espressivi - la voce dolce ed una bocca splendida. Dire che m'ero innamorato a prima vista è semplificare troppo le cose: in verità qualcosa di enorme era avvenuto in me. Arrivai a concepire la pazza idea che se fosse stato possibile rifare un patto col diavolo per averla - nonostante un antico, sciagurato ricordo ancora mordesse la mia coscienza - ebbene l'avrei subito firmato, fosse pure col sangue. L'eleganza naturale del suo portamento e la cura che aveva di se stessa la rendevano molto diversa dalle donne di quell'ambiente, semplici e un pochino rozze. Lei aveva altra origine, altre esperienze, ed era lì solo per mala sorte; ma sapeva sopportare il suo stato con molta dignità. Gli uomini, attratti quasi magicamente dalla sua figura, ne erano allo stesso tempo un po' intimiditi, quasi da un'impressione d'inaccessibilità. Fin dal primo giorno avevo intuito oscuramente che Paola sarebbe stata d'importanza essenziale nella mia vita; i suoi occhi mi avevano dato un istante di vertigine, come se un adorabile ricordo, venendo dagli abissi della memoria, avesse sfiorato il livello della coscienza. Erano stati i magici occhi di lei dunque a stregarmi, ad iniziare a coinvolgermi, ed a scuotermi poi fino al fondo delle radici dell'essere: nei suoi occhi mi ero smarrito. Mi chiedevo, pieno d'ansia tormentosa: " Come sarà nell'amore? Come saranno i suoi baci, la sua tenerezza, le sue parole nei momenti della passione? Oh, Dio, quanto la voglio! Devo conoscere ogni suo segreto, sono geloso di ogni suo attimo passato. Vorrei possederla totalmente, e che neanche un'infinitesima parte di lei fosse mai appartenuta ad altri.

XII Capitolo - L'Isonzo - brano -
Era un fiume incredibilmente bello, di cristallo e smeraldo: le acque avevano una trasparenza perfetta, divenendo da azzurrine anche blù quando aumentava la profondità, ma conservando la limpidezza; le rive erano orlate da fronde di salicacee, come da teneri merletti; il fondo era totalmente composto da ghiaie biancastre e sabbie fini; il fango era sconosciuto. Questo era l'aspetto estivo del fiume naturalmente. D'inverno appariva a tratti l'altra faccia, quella delle acque torbide dirompenti; ma si trattava di brevi periodi di furore, poi tornava a dominare il bianco, il verde e l'azzurro.

XII Capitolo - Aquileia - brano -
Aquileia appariva, ad un viandante in arrivo, irta di torri massicce che, racchiuse a loro volta entro l'alta muraglia turrita, davano complessivamente alla città un aspetto cupo e fiabesco. Col tramontare del sole e il giungere delle tenebre la città si addormentava e, se non vi era luna, il buio ed il silenzio erano profondi: le ronde erano munite di lanterne, e l'unico rumore che si potesse udire era il loro passo cadenzato, - a parte cani e civette, che con squittìi e latrati rendono più solenne la notte. Tre erano gli aspetti del mondo di allora che più avrebbero affascinato un uomo moderno: le cinte murate ed i castelli ( di cui resta qualche reliquia ), la bellezza delle foreste ( che in quell'aspetto sontuoso sono scomparse ), e il silenzio sovrano delle campagne, silenzio che ora parrebbe quasi sovrannaturale, metafisico inquietante.

XVII Capitolo - Campi catalaunici - brano -
Un ipotetico osservatore che si fosse posto, al tramonto del sole, sulla cima del colle conquistato dal principe visigoto, avrebbe avuto dinnanzi a sé un quadro spaventoso, la rappresentazione di una immensa e orrenda carneficina. Corpi di uomini e di cavalli giacevano nella posizione in cui li aveva colti la morte, a perdita d'occhio, spesso con le aste ancora infisse nei loro corpi.Ma, a guardar bene, vi erano qua e là dei piccoli movimenti, spasimi di moribondi, ed ogni tanto un cavallo si sollevava faticosamente, per stramazzare dopo pochi passi.Folate di vento afoso portavano all'orecchio un profondo ronzio lamentoso e l'agghiacciante odore dolciastro del sangue.

XIX Capitolo - Tramonto sulla laguna - brano -
Il sole s'avvicinava rapido alle asperità violacee dell'orizzonte - profilo di lontanissime pinete - ed il suo colore variava di momento in momento: era oro fuso e divenne giallo, arancione e infine quasi di porpora. S'immerse gradualmente fino a ridursi ad un puntino luminoso, ed infine disparve, lasciando però che alcune striature nuvolose riflettessero ancora per un po' il suo splendore. In breve si spensero anche le ultime tonalità di rosso e di viola e sopraggiunse l'oscurità incolore.



Brani da " Centomila miliardi di universi "
Riaprii gli occhi e appurai nuovamente di non essere a casa mia, nel mio letto, e neppure nella campagna dove avevo galoppato con Serì: ero in un luogo sconosciuto e stavo bene. Mi sollevai per qualche istante sui gomiti, poi sedetti e mi guardai attorno. Strappai dei ciuffi d'erba per accertarmi che fosse reale. Non vi erano dubbi, il mondo all'apparenza incantevole in cui mi trovavo aveva consistenza materiale come il mio corpo, che sentivo pieno di energia.
" Devo essere morto ", mi dissi, " anzi il corpo che avevo deve esser morto ", precisai dopo aver riflettuto; " mi sarò rotto la testa, o la spina dorsale, quando Serì mi ha scaraventato contro la spalletta del ponte ".
Pensando a queste cose ero arrivato, seguendo il sentiero, alla riva di un fiume. Aveva acque limpide, in apparenza molto profonde, che scorrevano lente. Gli alberi protendevano sul fiume grandi rami curvi sotto il peso di rampicanti che penzolavano come festoni, arrivando ad immergersi qua e là nelle acque, così che vere e proprie cascate di fiori si riversavano, provenendo dalla selva, nell'alveo oscuro. Il placido fiume appariva come un viale affiancato da immensi porticati vegetali.
Dall' alto pendevano grosse liane muschiose e umide fiorite d'orchidee che io passando, pur guardingo, inevitabilmente urtavo interrompendo il frenetico lavorio di incantevoli colibrì e insieme provocando l'espandersi di polline in sbuffi sottilissimi e frequenti, così che l'aria si faceva densa pungente e profumata.
" Credevo di vivere in un'altra dimensione, invece può darsi che io mi trovi su un pianeta di un altro sistema solare ma nell'universo stesso, e forse nella stessa galassia, dove ho passato la vita precedente ", pensai, e tutto aveva l'apparenza di uno strano sogno assurdo e inverosimile.
Dunque fauni satireschi e ninfette popolavano questa selva incantata.
Era già ben evidente che qui comandavano le donne, i maschi essendo solo dei fuchi in stato poco più che servile. La madre-padrona mi guardò a lungo silenziosa e seria, con occhietti tondi e astuti da furetto, piegando un po' la testa ora da un lato ora dall'altro come per valutarmi meglio.
" Spogliatelo! Queste sgualdrinelle lo vogliono vedere nudo ".
I tanti " oh noo! ma perchè? ", specie da parte delle più giovani, non servirono a nulla. Fui avviato verso quella che sarebbe dovuta divenire la mia provvisoria prigione. Si trattava di una cella sotterranea.
Con tre quarti del corpo immerso in una lurida poltiglia, nel buio pesto, con l'impressione di un orrendo brulicare di vita strisciante intorno, senza alcuna speranza, che potrebbe fare un uomo? Gridare al cielo la propria rabbia? Me ne uscii in una risata irrefrenabile, a raffiche, come il fiato me lo consentiva. Lo sfinimento, il totale sfinimento infine mi spense, e caddi all'improvviso in un pesante sonno senza sogni simila alla morte.
Presso la parete di fronte era emersa dalle acque la testa piatta e parte del collo di un grande pitone. Stette lunghi attimi ad esplorare con la lingua biforcuta nella mia direzione, poi con movimenti lenti e sinuosi, avvicinatosi, mi girò intorno studiandomi con cura. A momenti sentii quasi sfiorarmi il viso e la nuca dalle orripilanti carezze della sua lingua. Cercavo di oppormi in qualche modo al mio crudelissimo destino, ma ero senza forze, paralizzato e gelato dall'orrore. Il rettile, lento e inesorabile, mi si avvolse intorno al petto e iniziò a stringere le spire. Un cerchio d'acciaio mi stava stritolando, sentivo che non avrei resistito più di qualche attimo. Infine mi sentii liberato dalla morte... e mi svegliai.
Mi si avvicinò, seria. Aveva un serto di fiori profumati tra i capelli, gli occhi delicati e piccoli seni appuntiti. Si pose in ginocchio vicino a me, e mormorando parole che non afferravo bene perchè cominciavo ad esser preso dal desiderio, iniziò a spalmarmi d' un unguento aromatico alcune parti del corpo, come lo sterno e la zona sopra il pube; il tutto con tale calma dolce e squisita che ne fui incantato.
" Le amazzoni stanno setacciando la foresta oltre il fiume, tra un giorno o due lo attraverseranno e verranno anche qui. E' necessario quindi ..."
Finalmente rilassato alzai gli occhi al cielo. Era tutto uno sfavillio di stelle sconosciute con alcune costellazioni fiabescamente luminose e, spettacolo di una bellezza quasi mistica, una galassia che tramontava o sorgeva sulla foresta, una sorta d'immenso vortice che illuminava la notte di quel mondo. Quel formicaio di stelle, di cui la limpidità atmosferica rendeva percepibile ogni particolarità cromatica, pareva un turbine cosmico di pietre preziose.
" Esistono almeno centomila miliardi di universi, e in ognuno di essi centomila milioni di pianeti con qualche forma di vita, e tra questi ultimi almeno centomila mondi con tecnologie avanzate ed esseri simili a te. Una fittisima rete di vie, una ragnatela inimmaginabile, conduce ad essi. Le entità viventi vengono sbalzate istantaneamente dall'uno all'altro senza posa, a seconda che li destina il loro grado di evoluzione, la loro capacità di sognare ( sai che i sogni sono di una creatività quasi assoluta! ), di amare, di desiderare, e soprattutto il loro grado e modo di volere, poichè la realtà materiale, come ebbi già modo di spiegarti, è fatta di volontà e rappresentazione ".




Ricordo onirico
Lontani profili di selve oscure,
sullo sfondo di colline viola,
mentre cavalco su prati fioriti
e distese di lavanda,
m’incantano.
Vado verso casa
ora che il sole sta calando,
laggiù qualcuno mi aspetta.
Ma chi sono?
Un cavaliere
un cavallo
o un centauro?


Ottobre
Fiori gialli estenuati
boccheggianti rari
su un prato verde scuro
s’inchinano adoranti
a un sole basso
bolla d’oro oltre la bruma.


Naufragio
Fuggiti dalla vita
nel silenzio profondo
di un rustico appartato,
scandisca il nostro tempo
il raspare di un cavallo
nelle notti oscure.
Ignoreremo, noi due soli,
l’infuriare malefico del caso.


(Libera variante da Tagore)
La mia anima, procellaria delle solitudini,
ha trovato il suo cielo nei tuoi occhi.
Nei suoi abissi il mio sguardo si perde.
Lascia almeno che io fenda le sue nubi,
lascia che io distenda al sole le mie ali.